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Federica D’Amico, Malgorzata Gabriela Wasniewska, Mariella Valenzise
Dipartimento di Patologia dell’Adulto e dell’Età Evolutiva, Università degli Studi di Messina
Pubertà precoce
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Review Federica D’Amico, Malgorzata Gabriela Wasniewska, Mariella Valenzise
Dipartimento di Patologia dell’Adulto e dell’Età Evolutiva, Università degli Studi di Messina
Pubertà precoce Abstract
Precocious puberty is one of the most common endocrine pathologies in the pediatric age. It’s characterized by the development of secondary sexual characteristics before 8 years of age in girls and before 9 years of age in boys. According to the aetiology, it’s possible to distinguish a central precocious puberty, due to a premature activation of the hypothalamic-pituitary-gonadal axis, and a peripheral precocious puberty in which there is an inappropriate secretion of sex hormones.
A detailed history and a correct clinical evaluation are the first steps of precocious puberty management, followed by biochemical and instrumental evaluation.
In case of central precocious puberty, gonadotropin-releasing hormone analogs are the main treatment, instead of peripheral precocious puberty where the therapy is related to the aetiology.
Introduzione
La pubertà rappresenta una delle principali tappe dello sviluppo corporeo: è caratterizzata da modificazioni fisiche, mentali e psicologiche che consentono la transizione dall’età pediatrica all’età adulta. Fisiologicamente si verifica tra gli 8 e i 13,5 anni nei soggetti di sesso femminile e tra i 9 e i 14 anni nei soggetti di sesso maschile [1].
L’esatto meccanismo bioumorale non è del tutto conosciuto. L'attivazione dell'asse ipotalamo ipofisi gonadi non è comunque un processo “de novo”, dal momento che tale asse è attivo fin dalla prima infanzia, con un periodo di quiescenza non assoluta nei primi anni di vita [2]. La riattivazione è resa possibile grazie all'azione dei neuroni ipotalamici che stimolano, al momento della pubertà, la secrezione pulsatile di Gonadotropin-Releasing Hormone (GnRH) [3]. Tale meccanismo avviene a causa del ridotto livello inibitorio della Macorina Ring Finger Protein 3 (MKRN3), la cui concentrazione è elevata nella fase prepubere. Con l’avvio della pubertà le kisspeptine, proteine in grado di stimolare la produzione di gonadotropine, non più inibite dalla Macorina Ring Finger Protein 3 (MKRN3), fungono da ulteriore stimolo [4-5]. Il sistema delle kisspeptine è fortemente influenzato da alcuni fattori, tra i quali lo stato nutrizionale e i livelli sierici di leptina. Questo spiega in parte l’associazione tra eccesso ponderale e sviluppo puberale precoce [6]. Inoltre, in modelli murini è stata dimostrata un’attivazione dei neuroni secernenti Kisspeptina a seguito di una precoce esposizione a bassi livelli di estrogeni, comportando la comparsa di segni clinici compatibili con pubertà precoce [7]. Ad oggi, sono state identificate numerose mutazioni che coinvolgono i geni codificanti tali proteine, implicate nei meccanismi di anticipazione puberale. Sono state identificate mutazioni loss of function del gene MKRN3, localizzato nella regione critica della Sindrome di Prader-Willi cromosoma 15, mutazioni gain of fuction di alcuni geni come KISS1, che codifica per le kisspeptine, e KISS1R che codifica per il recettore delle kissppeptin (chiamato anche G-Protein-coupled membrane receptor 54). Recentemente è stata individuata una nuova mutazione a carico del gene Delta-Like noncanonical Notch ligand 1 (DLK1), associata spesso a pubertà precoce centrale, obesità, intolleranza glucidica, dislipidemia e diabete [8].
Il pattern pulsatile del GnRH agevola la secrezione di Luteinizing Hormone (LH) e di Follicle-Stimulating Hormone (FSH). Tali ormoni consentono l’attivazione ovarica e testicolare, responsabile della comparsa dei caratteri sessuali secondari: nei soggetti di sesso femminile è possibile riscontrare la presenza del bottone mammario (telarca), nei soggetti di sesso maschile sarà possibile apprezzare l'aumento del volume testicolare (≥ 4 ml) (gonadarca) tramite confronto con l’ orchidometro di Prader. La comparsa di peluria pubica (adrenarca) è invece attribuibile alla produzione androgenica di origine surrenalica specialmente nei soggetti di sesso femminile [9].
Emerge chiaramente come i fattori che possono influenzare lo sviluppo puberale siano numerosi: la genetica è un elemento non indifferente, ma un grosso contribuito proviene anche da fattori nutritivi, socio-economici e ambientali.
Nel periodo del lockdown secondario alla pandemia da SARS-COV2 si è osservato un significativo aumento dei casi di pubertà precoce [10-11], attribuito da un lato all'aumento del peso dei pazienti secondario al confinamento domestico e quindi alla riduzione dell'attività fisica [12]. E' noto infatti che l'eccesso ponderale determina una accelerazione della maturazione ossea con attivazione dell'asse in coincidenza di una età ossea puberogena.
Dall'altro lato è stato preso in considerazione il ruolo della melatonina: un confinamento domestico ha comportato una riduzione dei livelli di melatonina, la cui azione è notoriamente inibitoria nei confronti dell'asse ormonale se in quantità fisiologiche [13].I bassi livelli di melatonina sembrerebbero, infatti, attivare l’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi e ciò è stato notato maggiormente in soggetti esposti in maniera prolungata a videoterminali e campi elettromagnetici durante il lockdown [14].
Definizione e Classificazione
Si parla di Pubertà Precoce (PP) in presenza di un telarca prima degli 8 anni nei soggetti di sesso femminile o di gonadarca prima dei 9 anni nei soggetti di sesso maschile. Attualmente tale limite è oggetto di discussione poiché nel corso degli anni, l’età media dello sviluppo puberale ha subito una progressiva anticipazione. In Europa, nei primi del XIX secolo l’età media del menarca si aggirava intorno ai 17 anni mentre, all’inizio del XX secolo, risultava pari a 13 anni [2]. L’anticipo dell’età puberale è diventato sempre più imperante negli ultimi anni tanto da determinare un aumento, forse improprio, delle diagnosi di pubertà precoce [15]. Il benessere socio-economico e fattori ambientali (i cosiddetti “endocrine distruptors” o “interferenti endocrini”) sono implicati in modificazioni epigenetiche a carico di geni coinvolti nell’attivazione dei neuroni secernenti GnRH [4]. Le sostanze coinvolte in tali processi sono numerose e agiscono attraverso diversi meccanismi: uno di questi è la formazione di legami con i recettori ormonali per analogie di struttura con molecole quali gli estrogeni o antagonisti dei recettori per gli androgeni. Una ulteriore peculiarità degli endocrine distruptors è quella di agire sia in fase pre che post natale anche su altri meccanismi ormonali, quali quelli che coinvolgono la funzionalità tiroidea, il metabolismo glucidico e l’obesità [16].
La PP può dipendere da un’attivazione centrale dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi, che sarà definita Pubertà Precoce Centrale (PPC) o Gonadotropino Dipendente, più comune nei soggetti di sesso femminile nei quali viene definita come “idiopatica”. Altre cause sono: infezioni, tumori o traumi che coinvolgono il sistema nervoso centrale e patologie di natura genetica. Le cause organiche risultano essere più frequenti nei soggetti di sesso maschile [17] [Tabella 1]. La PP può dipendere anche da un’esposizione periferica ad ormoni sessuali a causa di tumori o patologie genetiche; in tal caso sarà definita Pubertà Precoce Periferica (PPP) o Gonadotropino.

Indipendente [18] [Tabella 1].
Incidenza
In Europa si stima che circa il 5% delle bambine presenta un telarca prima degli 8 anni [2]. La PP risulta essere più frequente nei soggetti di sesso femminile, con un’incidenza negli USA di circa 1 caso ogni 5000-10000 bambine.
In caso di patologie del sistema nervoso centrale, la probabilità di una PP aumenta notevolmente [19].
Diagnosi
Al fine di un corretto inquadramento diagnostico, l’anamnesi rappresenta il primo importante step del nostro percorso clinico. Risulta fondamentale conoscere l’età dello sviluppo puberale dei genitori, il peso alla nascita, la presenza di un pregresso trattamento radioterapico ed eventuali modificazioni comportamentali. Sarebbe auspicabile conoscere anche l’età di insorgenza dei primi sintomi ascrivibili ad uno sviluppo puberale precoce quali la comparsa di acne, il cambiamento dell’odore del sudore, la presenza del pubarca, del telarca nelle bambine e del gonadarca nei bambini. Conoscere la velocità di crescita e di progressione dei caratteri sessuali secondari può essere fondamentale al fine di stabilire se quel paziente presenta un quadro rapidamente evolutivo che può beneficiare del trattamento frenante. Non vanno sicuramente trascurati eventuali sintomi che possono orientare verso cause secondarie di PP, quali ad esempio cefalea, poliuria, polidipsia e diplopia [20].
La valutazione auxologica e l’esame obiettivo rappresentano un altro importante momento per l’inquadramento di una PP. È necessario collocare l’altezza su apposite curve di riferimento: il riscontro di un valore superiore al target genetico e un’eventuale accelerazione della velocità di crescita (growth spurt) possono suffragare il sospetto diagnostico [21]. L’esame fisico invece verte sulla ricerca dei caratteri sessuali secondari confrontati con la stadiazione secondo Tanner: da uno stadio 1, tipico dei soggetti prepuberi, si passa a stati 4-5 che invece rappresentano una condizione di sviluppo puberale completo [22].
Alcuni elementi possono aiutarci nell’effettuare una corretta diagnosi differenziale fra PPC e PPP. Il pubarca accompagnato da un volume testicolare < 4 ml nei soggetti di sesso maschile o segni d virilizzazione nei soggetti di sesso femminile suggeriscono una forma di PP Gonadotropino-Indipendente. Alcuni tumori surrenalici, infatti, possono fare il loro esordio con queste caratteristiche [23]. L’aumento del volume testicolare unilaterale potrebbe essere espressione di patologie tumorali e necessita una valutazione ecografica urgente. Il riscontro di macchie caffè-latte e anomalie scheletriche orientano verso una Sindrome di McCune-Albright, patologia causata da una mutazione postzigotica, somatica e attivante che coinvolge il gene codificante per la subunità α della proteina G. In questi soggetti è frequente il riscontro di cisti secernenti estrogeni, responsabili di un quadro di PPP che può, col tempo, attivare l’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi determinando una PPC [24].
La PP va distinta da alcune condizioni parafisiologiche come il telarca precoce isolato, comune nelle bambine nei primi due anni di vita e non accompagnato da aumento della velocità di crescita [21].
La valutazione laboratoristica include la misurazione dei livelli basali di gonadotropine (LH, FSH), estrogeni, testosterone, β-hCG, αfeto-proteina, ormoni tiroidei, dati utili per distinguere le forme centrali dalle periferiche. Livelli di gonadrotopine ipofisarie soppressi suggeriscono la presenza PPP ma i loro valori basali possono non essere sufficienti. Tale limite viene superato dal test dinamico con GnRH o GnRH analogo. Livelli di LH > 5mU/ml dopo stimolo e un rapporto LH/FSH>1 al picco sono indicativi di attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi [25]. Di recente, i lavori della letteratura scientifica internazionale, rivalutano l'importanza dei livelli basali di gonadotropine: valori di LH ed FSH, rispettivamente ≥ 0,2IU/L e ≥1,6 IU/L, potrebbero essere indicativi di uno stadio puberale ≥3 secondo Tanner [26]. La funzionalità tiroidea deve essere valutata soprattutto se all’esame obiettivo è presente gozzo. Livelli elevati di TSH, protratti nel tempo, possono determinare un'azione a livello dei recettori per l’FSH a causa di alcune analogie di struttura con tale tropina ipofisaria, generando un quadro di pseudopubertà precoce [27]. I test genetici vanno tenuti in considerazione in caso di una storia familiare positiva per pubertà precoce e/o elementi obiettivi ascrivibili a forme sindromiche [25].
Tra gli esami strumentali, l’RX polso e mano sinistra consente una corretta valutazione dell’età ossea, che in genere risulta avanzata rispetto all’età cronologica nei soggetti con PP. Nelle prime fasi di avvio puberale, però, non sempre è possibile avere tale riscontro. La radiografia del polso e della mano sinistra ci consente altresì di predire la statura definitiva, elemento talvolta fondamentale per effettuare le giuste scelte terapeutiche [28]. L’ecografia pelvica è una metodica rapida, poco costosa e non invasiva che consente di valutare l’eventuale presenza di cisti ovariche o tumori di altro tipo. Inoltre, nei soggetti di sesso femminile, ci permette di misurare le diametrie uterine ed ovariche: il riscontro di un volume ovarico ≥ 2 cm3, un rapporto corpo-collo uterino >1 e la presenza di rima endometriale sono chiari segni di estrogenizzazione [29]. Indagini di 2° livello quali la risonanza magnetica dell’encefalo sono fortemente indicati nei soggetti con diagnosi di PPC di sesso maschile indipendentemente dall’età e nei soggetti di sesso femminile con meno di 6 anni, specialmente in caso di concomitanti segni neurologici. In questa categoria di pazienti risulta elevata la possibilità di lesioni centrali scatenanti la PP [25].
Gestione e Terapia
La corretta gestione dei pazienti con PP non può prescindere da un corretto inquadramento eziologico. Forme di PPC non possono essere trattate alla stregua delle PPP. Nel primo caso, in particolare, si rende necessario individuare eventuali lesioni cerebrali che potrebbero giustificare l’esordio puberale e trattarle in maniera specifica (chemioterapia, radioterapia, escissione chirurgica). Nel caso della variante più comune, ovvero le forme idiopatiche, il trattamento con analoghi del GnRH permette di frenare la maturazione puberale specialmente nei casi a rapida progressione, il cui trattamento è fortemente raccomandato. Scopo della terapia è quello di prevenire alterazioni psicologiche, consentire la regressione dei caratteri sessuali presenti, bloccare la maturazione sessuale, rallentare la maturazione ossea e migliorare la statura definitiva [30]. Ciò è possibile grazie ad una “down-regulation” paradossa dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi a causa degli alti livelli di GnRH iatrogeni [31]. La somministrazione di triptorelina o leuprorelina intramuscolo o sottocute può avvenire ogni 4 settimane al dosaggio di 3,75 mg ogni 28 giorni (metà dosaggio se peso < 20 kg). Esistono anche una formulazione depot al dosaggio di 11,25 mg ogni 3 mesi e un impianto sottocutaneo di istrelina acetato. Gli effetti collaterali più comuni sono cefalea, dolore nella sede dell’iniezione e cambiamenti dell’umore. La terapia può essere sospesa nel momento in cui viene raggiunta una corretta età cronologica per l’avvio della maturazione sessuale [32]. Il medesimo trattamento viene riservato alle forme familiari di PP.
Nei casi di PPP, la gestione è strettamente dipendente dalla causa. Nelle forme dovute ad iperplasia surrenalica si rende necessaria una terapia con corticosteroidi che sopprime la produzione degli androgeni. La Sindrome di McCune Albright prevede il trattamento con inibitori dell’aromatasi quali anastrozolo o letrozolo in caso di PPP e rapida progressione. La combinazione di antiandrogeni ed inibitori dell’aromatasi (in genere spinorolattone e anastrozolo) può essere sfruttata in caso di testotossicosi. La terapia chirurgica resta la prima linea di terapia in caso di tumori secernenti steroidi sessuali [25].
Conclusioni
La pubertà è un processo complesso di cui ancora non si conoscono tutte le caratteristiche. Compito del pediatra auxologo sarà quello di seguire la velocità di crescita dei pazienti, avanzando il sospetto diagnostico quando oltre alla comparsa dei caratteri sessuali secondari emergono una significativa accelerazione della crescita staturale ed un avanzamento della maturazione scheletrica. Compito ancora più arduo sarà quello di identificare eventuali segnali di allarme responsabili di quadri di pubertà precoce secondaria a patologie organiche.
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Review Laura Colavita, Caterina Cuppari UOC di Pronto Soccorso Pediatrico con OBI, Policlinico di Messina
Diagnostica molecolare nell’allergia alimentare L’allergia alimentare costituisce un problema di salute pubblica di alto rilievo per la sua elevata incidenza (in aumento, soprattutto nei paesi industrializzati), per i costi correlati ad approfondimenti laboratoristici e a ricoveri sia per reazioni acute che a scopo diagnostico (challenge) e per il rischio di eventi potenzialmente pericolosi per la vita che inducono alla prescrizione di adrenalina autoiniettabile.
Dal punto di vista clinico, le allergie alimentari possono avere gradi di severità diversi e coinvolgere diversi organi e apparati. Si definisce anafilassi una reazione IgE mediata che veda coinvolti almeno 2 apparati diversi, con severità variabili. I vari organi e apparati sono coinvolti con frequenza differente: cute e sottocute (prurito, orticaria/angioedema) sono interessati nel 90% dei casi; l’apparato respiratorio nel 40-60% dei casi; gli apparati gastrointestinale e cardiocircolatorio e il sistema nervoso nel 30-35% dei casi. L’assenza di sintomi cutanei pone pertanto in forte dubbio la diagnosi di anafilassi ma possono essere assenti nelle forme rapidamente progressive.
L’interessamento precoce dell’apparato cardio-respiratorio impone un trattamento rapido in quanto si tratta delle forme a più facile esito fatale. Un quadro particolarmente frequente è rappresentato dalla Sindrome Orale Allergica (SOA). Si tratta di una reazione IgE mediata che si verifica nei bambini più grandi con rinite allergica indotta da pollini di betulla, graminacee e ambrosia. La sensibilizzazione porta alla produzione di anticorpi che riconoscono panallergeni presenti in alcuni alimenti, configurando una reattività IgE mediata rivolta verso quest’ultimi dovuta ad allergia primaria agli antigeni pollinici (pollen-related food allergies). I sintomi sono di solito limitati all’orofaringe e consistono in una rapida insorgenza di prurito orale, percezione di sapore metallico in bocca e formicolio, angioedema di labbra, lingua, palato e gola.
Occasionalmente si può verificare una sensazione di prurito nelle orecchie e un senso di costrizione in gola. Nonostante talora i sintomi possano essere sovrapponibili ad un’anafilassi nelle sue fasi iniziali e tali da indurre all’intervento farmacologico precoce e alla successiva eliminazione dell’alimento dalla dieta, generalmente i sintomi si autolimitano e sono di breve durata. Tale quadro è causato da un’attivazione locale dei mastociti da parte di proteine di frutta e verdura fresca che reagiscono in modo crociato con pollini di betulla (mela, carota, patata, sedano, nocciola, kiwi), di graminacee (melone, pomodoro, arancia) e di Ambrosia (banana, anguria, melone).
Il work up diagnostico allergologico ha visto, fino ad oggi, come protagonisti indiscussi test epicutanei (skin prick test, prick by prick) e dosaggio su siero delle IgE specifiche (sIgE) tramite RAST (Radio-Allergo Sorbent Test). Tali metodiche presentano tuttavia dei limiti, tra cui spiccano l’incapacità, a fronte di una storia clinica poco chiara, di quantizzare il rischio di reazioni severe e l’impossibilità nel paziente polisensibilizzato di distinguere una positività da sensibilizzazione primaria vera e propria da una cross reattività. Questi limiti sono stati oggi superati grazie all’avvento della diagnostica molecolare allergologica.
Essa non si limita a valutare la presenza di una sensibilizzazione verso un allergene ma dosa le sIgE per le singole molecole allergeniche di cui l’allergene è costituito, avvalendosi di 2 tecniche di dosaggio: l’ISAAC (valutazione di 112 molecole allergeniche contemporaneamente; analisi semi-quantitativa) e l’Immuno-CAP (dosaggi mirati; analisi quantitativa). Tali molecole allergeniche possono essere suddivise in 4 gruppi (profiline, PR-10, LTP, Storage Proteins), ognuno con caratteristiche peculiari.
Nelle allergie alimentari ciò consente di determinare il rischio di reazioni gravi e di stabilire pertanto quando vi è necessità di prescrivere l’adrenalina autoiniettabile, se effettuare un challenge ed eventualmente con quali modalità. Ogni gruppo di proteine presenta infatti delle caratteristiche diverse in termini di termo-stabilità e gastro-stabilità, ovvero di resistenza a cottura e digestione gastro-intestinale. 
Le profiline sono proteine termo- e gastro-labili per cui vengono denaturate facilmente da cottura e ambiente gastro-intestinale. Presentano pertanto un profilo di pericolosità bassissimo e l’espressività clinica ad esse correlata è rappresentata dalla Sindrome Orale Allergica. In virtù di questa labilità, la sensibilizzazione non avviene per via alimentare ma tramite profiline di pollini simili a quelle di alimenti e che quindi causano la produzione di sIgE cross-reattive.
Le PR-10 (Pathogenesis-Related Proteins 10) sono anch’esse termo- e gastro-labili, quindi poco pericolose. Bet v 1 è la PR-10 della Betulla ed è quella più frequentemente implicata nelle Pollen-Fruit Syndromes da PR-10. Quest’ultime infatti, analogamente alle profiline, sono accomunate da un motivo strutturale molto simile e le cross-reattività tra PR-10 di pollini (per Bet v1, Betullaceae e Fagaceae) e PR-10 di alimenti (mela, kiwi, sedano, carote, fragole, pomodoro, albicocca, ciliegia, pesca, lamponi) sono frequenti. Tuttavia, gli omologhi di Bet v 1 contenuti in nocciole, sedano, arachidi e soia sono più stabili al calore ed alla digestione delle corrispondenti proteine presenti nelle Rosacee (mela, pesca, ciliegia), con possibili, seppur rare, reazioni sistemiche.
Anche il ph della matrice gioca un ruolo: un pH neutro fà sì che il calore non alteri la struttura di Bet v 1, mentre un pH acido (intorno a 3), garantisce che anche una cottura a basse temperature (25°c) sia in grado di produrre una denaturazione rapida e irreversibile della struttura proteica.
Le LTPs (Lipid Transfer Proteins) sono termo- e gastro-stabili, quindi caratterizzate da un rischio elevato di reazioni sistemiche. Sono prevalentemente presenti nella buccia della frutta appartenente alla famiglia delle Rosaceae ma anche in diversi altri alimenti vegetali, pollini e lattice. Le LTPs derivanti da varie fonti allergeniche vegetali sono spesso cross-reattive tra loro e con Pru p 3 (LTP della pesca) che rappresenta il marker di sensibilizzazione per le LTPs di tutta la frutta fresca (ciliegia, albicocca, mela, pera, zucca, mandorle, kiwi, arancia limone, etc.). Per spiegare quest’alta cross-reattivatà tra Pru p 3 e le LTPs della frutta sono state formulate 2 ipotesi: 1) Pru p 3 contiene gli epitopi necessari per legare le IgE di tutte le LTPs; 2) gli epitopi Pru p 3 hanno una più alta affinità per le sIgE delle LTPs. Vi è inoltre il dato che Pru p 3 ha una via d’assorbimento intestinale preferenziale rispetto alle altre LTPs e attiva maggiormente una risposta Th2. Data la correlazione particolarmente stretta tra livelli sierici di sIgE per Pru p 3 e rischio di reazioni sistemiche, recenti studi hanno portato a considerare particolarmente predittivo di reazioni severe un cut-off di 2.69 kU/L. Sono stai inoltre individuati alcuni fattori favorenti reazioni severe quali l’esercizio fisico, l’assunzione di bevande alcoliche o di FANS, che possono accelerare l’assorbimento delle proteine a livello intestinale. Orticaria cronica e intolleranza a FANS sono 2 fattori di rischio importanti per reazioni severe verosimilmente per una maggiore facilità di attivazione delle mast-cellule da parte delle LTPs.
Relativamente ai pollini, la più alta cross reattività (58.3% di omologia di struttura) si ha con Art v 3 (artemisia) e Pla a 3 (platano) per cui Pru p 3 può essere considerata causa di sensibilizzazione asintomatica per pollini.
Le Storage Proteins (proteine di deposito) sono gli allergeni predominanti di semi e gusci, e la loro struttura chimica è notevolmente stabile al calore e alle proteasi. Sono pertanto le proteine più pericolose, col più alto rischio di reazioni gravi fino all’anafilassi, ma fortunatamente non cross-reattive tra di loro.
Tirando un po’ le somme, la positività per Storage Proteins pone indicazione all’eliminazione dell’alimento dalla dieta e alla prescrizione dell’adrenalina auto-iniettabile; la presenza di profiline e PR-10 rende possibile l’esecuzione tranquilla di un challenge.
La positività per LTPs, soprattutto in presenza di concentrazioni elevate di sIgE (alcuni studi consigliano di considerare un cut off di 2.69 kU/L per il rischio di reazioni sistemiche), pone in linea di massima indicazioni analoghe a quelle descritte per le Storage Proteins.
Tuttavia in alcuni casi il semplice accorgimento di sbucciare la frutta può essere sufficiente ad evitare l’insorgenza dei sintomi, facendo attenzione a valutare anamnesticamente la presenza di tolleranza verso la frutta sbucciata o verso alcuni alimenti (kiwi, pomodoro, arancia) in cui le LTPs sono presenti nei semi. Andrà poi posta attenzione ai fattori trigger per reazioni sistemiche dopo ingestione di LTPs: esercizio, fisico, assunzione di FANS o alcol. In merito alla sensibilizzazione ad LTPs, l’età pediatrica, contraddistinta da una maggiore polarizzazione immunologica in senso Th2 e quindi maggiore produzione di sIgE, merita una particolare attenzione essendo a maggior rischio di reazioni sistemiche severe. I valori sierici delle sIgE per LTPs vanno monitorizzati nel tempo, essendoci la probabilità di un loro decremento che potrà negli anni porre indicazione ad esecuzione di TPO (Test di Provocazione Orale).
In merito alle modalità con cui effettuare il challenge, la diagnostica molecolare è particolarmente d’aiuto per latte e uova, i 2 alimenti più comunemente causa di allergie alimentari nei primi anni di vita e verso i quali nella maggior parte dei casi si sviluppa tolleranza nel tempo. Per quanto riguarda l’uovo, ad esempio, la positività per Gal d 1 (ovomucoide) controindicherà l’esecuzione del challenge con uovo sia cotto che crudo, che potrà essere proposto in tempi successivi in caso di trend in discesa delle concentrazioni delle sue sIgE o di loro negativizzazione. In caso di positività per ovalbumina, sarà possibile eseguire challenge con uovo cotto e coniugato al glutine (muffin in America; biscotti in Italia). Il glutine cotto con l’uovo (a 80° per almeno 10 minuti) facilita l’aggregazione e l’insolubilizzazione delle proteine, comportando una minore disponibilità di legame con le IgE.
Appare dunque chiaro come la diagnostica molecolare sia ad oggi uno strumento utile per l’allergologo nella diagnosi, nella gestione e nel follow up delle allergie alimentari.
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Annamaria Barone, D.Fabio, C. De Cola, M. Mercuri, E. Fabio, Laura Colavita UOC di
Pronto Soccorso Pediatrico con OBI, Policlinico Universitario di Messina
Management del laringospasmo acuto
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Review Annamaria Barone, D.Fabio, C. De Cola, M. Mercuri, E. Fabio, Laura Colavita UOC di
Pronto Soccorso Pediatrico con OBI, Policlinico Universitario di Messina
Management del laringospasmo acuto Il Croup o laringite rappresenta il 15% degli accessi in Pronto soccorso Pediatrici per cause respiratorie.1 La maggior parte dei bambini che presentano un esordio acuto di tosse abbaiante, stridore e difficoltà respiratoria hanno un laringospasmo acuto o croup.2 La diagnosi differenziale tra le altre forme di ostruzione acuta della laringe (es. epiglottite, corpo estraneo, edema angioneurotico dell'epiglottide) è essenziale e salvavita. Il cardine del trattamento, nei bambini con croup di diversa entità, sono i corticosteroidi. L'adrenalina nebulizzata è un trattamento che viene accettato solo nei pazienti con croup da moderato a grave. Di fondamentale importanza nel corso del trattamento è mantenere il bambino tranquillo, garantendo un’atmosfera rilassata e rassicurante, per ridurre al minimo la richiesta di ossigeno e l’affaticamento dei muscoli respiratori.
Introduzione
Il ‘croup’ rappresenta una delle emergenze respiratorie più frequenti nella popolazione pediatrica. Il decorso della malattia è il risultato dell'ostruzione della regione subglottica acuta. È tipicamente di forma lieve e autolimitante, ma può essere a volte grave e, seppur raramente, pericolosa per la vita.3La maggior parte dei casi di croup possono essere gestiti a casa, mentre quelli con distress respiratorio moderato e grave richiedono il ricovero ospedaliero e cure di supporto. 4 La mortalità è estremamente bassa e colpisce meno dello 0,5% dei bambini intubati. Le recidive però rappresentano circa il 5%, con accessi al Pronto Soccorso entro 1 settimana per la ricomparsa dei sintomi.5
Manifestazioni cliniche e diagnosi
Il croup colpisce solitamente bambini di età compresa tra 6 mesi e 6 anni, con un picco di incidenza tra 7 e 36 mesi. 5 Tra le diverse manifestazioni del croup, le più frequenti sono la laringite acuta e il laringospasmo (o "croup spasmodico”).6
La laringite acuta è solitamente causata da infezioni virali: il virus della parainfluenza e il rinovirus sono gli agenti eziologici più comuni; sono stati rilevati, anche, enterovirus, virus respiratorio, sinciziale, virus dell'influenza e bocavirus umano. 7 A causa della sua eziologia infettiva, la malattia si manifesta principalmente nel periodo autunno-inverno. L'invasione del tessuto da parte del virus provoca infiammazione, iperemia ed edema della mucosa del laringe, con conseguente restringimento della regione sottoglottica.8 Le manifestazioni cliniche tipiche sono tosse abbaiante, stridore inspiratorio e raucedine con o senza distress respiratorio.9 Gli episodi hanno un esordio graduale; e sono preceduti da un’infiammazione delle vie aeree superiori. La febbre può manifestarsi entro le prime 24 ore.
Al contrario, il croup spasmodico si manifesta in presenza di una contrazione spasmodica dei muscoli laringei probabilmente dovuta a stimoli allergici, reflusso gastroesofageo o altri fattori ambientali, ma più frequentemente, la causa rimane sconosciuta. 10 L'età più colpita va tra 1 e 5 anni. I sintomi clinici hanno un esordio notturno improvviso e sono caratterizzati da tosse metallica senza febbre.
La diagnosi di croup è clinica. Gli esami di laboratorio e strumentali non sono essenziali, ma possono essere utilizzati per escludere altre malattie in pazienti con forme atipiche o gravi. Sebbene la radiografia del torace non possa diagnosticare un croup, può escludere altre condizioni polmonari quando la diagnosi non è chiara.11
Valutazione
Nella pratica clinica, il sistema di punteggio più comunemente utilizzato è quello suggerito da Westley et al.12 che valuta la gravità del croup utilizzando cinque fattori: stato di coscienza, cianosi, stridore, ingresso d'aria e retrazioni.
In base a tale score il croup può essere suddiviso in :
1. LIEVE: tosse abbaiante occasionale (nessun stridore udibile a riposo), distress respiratorio assente o lieve a riposo, SpO2 normale, nessuna cianosi, vigile.
2. MODERATO: tosse abbaiante frequentemente (stridore udibile a riposo), distress respiratorio moderato, SpO2 normale, nessuna cianosi, agitazione scarsa o nulla.
3. GRAVE: Stridore persistente anche a riposo (può essere espiratorio), grave distress respiratorio, SpO2 < 93% o cianosi, affaticamento o stato mentale alterato.
4. RISCHIO DI VITA: Lo stridore udibile non necessariamente è maggiore della forma grave ma il paziente si presenta esausto, SpO2 < 93% o cianosi, letargia o diminuzione del livello di coscienza.
I fattori di rischio per il croup grave includono: età inferiore a sei mesi, alterazione strutturale sottostante delle vie aeree superiori (ad es. tracheomalacia, stenosi sottoglottica), storia di precedente grave croup,, trisomia 21.
Diagnosi differenziale
La diagnosi differenziale è essenziale e deve comprendere le altre malattie ostruttive acute che coinvolgono la laringe, come epiglottite, aspirazione di corpo estraneo, edema angioneurotico dell'epiglottide.13,14 (Fig. 1)
L'epiglottite è caratterizzata da un'infiammazione dell'area sovraglottica causata principalmente da Haemophilus influenzae di tipo b. Di solito si verifica nei bambini in età prescolare con esordio improvviso, febbre alta, letargia, faringodinia, pallore, salivazione abbondante, grave dispnea associata a retrazioni e postura forzata con il mento spinto in avanti e riluttanza o rifiuto a sdraiarsi.15 A causa dell'alto tasso di immunizzazione contro H. influenzae di tipo b nella popolazione pediatrica, l'epiglottite è ad oggi osservata di rado. L'edema da corpo estraneo e l'edema angioneurotico di solito si verificano improvvisamente, senza febbre o altri segni e sintomi di infezione.
Bronchite e polmonite possono essere caratterizzate da distress respiratorio e segni di coinvolgimento delle vie aeree inferiori (crepitii, intrappolamento d'aria, respiro sibilante e segni radiologici di polmonite).17, 18
Trattamento
I bambini con croup dovrebbero essere lasciati più tranquilli possibile, tra le braccia della madre, senza agitarli con procedure non necessarie, che potrebbero esacerbare i sintomi. Mantenere i bambini calmi assicurando un'atmosfera rilassata e rassicurante per ridurre al minimo la richiesta di ossigeno e l'affaticamento dei muscoli respiratori.2
Il trattamento prevede l’utilizzo di adrenalina nebulizzata e steroidi (Fig. 2); l’ossigeno umidificato non è raccomandato
La terapia con corticosteroidi per bambini con croup da lieve a moderato è adesso consigliata dagli esperti. Gli steroidi riducono il distress respiratorio in circa 30 minuti, più rapidamente se somministrati tramite nebulizzatore.21 Vi è un miglioramento entro 2-3 ore dalla somministrazione e l'effetto persiste per 24-48 ore.
La somministrazione orale è raccomandata quando possibile. I vantaggi della somministrazione orale rispetto ad altri metodi includono: minor dolore e angoscia per il bambino, basso costo e pronta disponibilità, facile somministrazione.
1. Desametasone: 0,15 - 0,6 mg/kg (max 12 mg/giorno)
2. Betametasone: 0,15 mg/kg (max 4 mg/giorno)
3. Prednisolone: 1 mg/kg (max 40 mg/giorno)
4. Budesonide nebulizzata: 2 mg nebulizzati con ossigeno (considerare per un bambino che vomita ripetutamente la formulazione orale).
Gli effetti benefici dei corticosteroidi sistemici sono: riduzione dell'intensità dei sintomi correlati all'ostruzione delle vie aeree superiori (a 6, 12 e 24 ore dopo il trattamento); ridotto uso di epinefrina nebulizzata; ridotta durata della degenza in pronto soccorso; meno ricoveri ospedalieri e/o visite successive.16
L'adrenalina nebulizzata è da tenere in considerazione in ogni bambino con stridore inspiratorio persistente (a riposo) e marcato distress respiratorio. I sintomi migliorano nei primi 30 minuti 22. L'efficacia dura circa 2 ore.23
La dose raccomandata è 0,05 ml per kg (dose massima: 0,5 ml) di epinefrina racemica 2,25% o 0,5 ml per kg (dose massima: 5 ml) di L-epinefrina 1:1.000 tramite nebulizzatore.16
È importante non dimettere il paziente prima delle 4 ore per monitorare frequenza cardiaca e respiratoria (può portare a ipertensione e tachicardia) e, soprattutto, per evitare una possibile ricomparsa dei sintomi.22
L'ossigenoterapia, in combinazione con corticosteroidi e adrenalina, è riservata ai bambini con ipossia e distress respiratorio significativo. La somministrazione "blow-by" di ossigeno attraverso un tubo di plastica con l'apertura terminale tenuta entro pochi centimetri dal naso e dalla bocca del bambino è spesso il modo di somministrazione più vantaggioso nei casi di croup grave e SpO2 inferiore al 93%.
Non sono consigliati antibiotici, inalazioni di vapore, trattamento heliox, antitussigeni o decongestionanti.
Le indicazioni per il ricovero sono:
- Croup grave all'arrivo in PS con ridotta SpO2, alterato livello di coscienza e imminente ostruzione delle vie aeree superiori;
- sintomi persistenti (es. distress respiratorio o stridore a riposo) tre ore dopo il trattamento;
- età inferiore a sei mesi;
- Nuovo accesso non pianificato al pronto soccorso entro 24 ore dalla diagnosi di croup alla prima presentazione.
I criteri di dimissione sono:
- assenza di distress respiratorio o stridore a riposo dopo il trattamento (minimo tre ore dopo la somministrazione di adrenalina nebulizzata o un'ora dopo la somministrazione di corticosteroidi orali);
- Il croup rimane la diagnosi primaria dopo aver considerato le diagnosi differenziali;
- il genitore/caregiver deve essere in possesso di tutti i farmaci prescritti richiesti, deve aver ricevuto un'istruzione e si deve sentire sicuro su cosa fare se i sintomi si ripresentano, deve avere accesso ai trasporti o ai servizi di emergenza in caso di peggioramento delle condizioni cliniche. 
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Case Report Federica Xerra, Anna Salamone, Laura Colavita, Caterina Cuppari
UOC Pronto Soccorso Pediatrico con OBI, AOU "G. Martino", Università degli Studi di Messina
Diagnosi a colpo d’occhio: un caso di Sindrome di Lemierre S., un ragazzo di quasi 13 anni con anamnesi patologica remota negativa, giungeva presso il Pronto soccorso pediatrico del nostro nosocomio per persistenza di faringotonsillite e febbre esordite circa due settimane prima a cui si era associata negli ultimi giorni una spiccata algia in regione laterocervicale sinistra. A domicilio erano state praticate senza alcun beneficio terapia antibiotica, dapprima con amoxicillina-clavulanato, poi con azitromicina e a seguire con cefixima, e terapia steroidea con prednisone.
Il ragazzo appariva sofferente, era febbrile, le sue condizioni cliniche generali erano discrete. Ciò che spiccava all’esame obiettivo era una tumefazione palpabile e dolente in regione laterocervicale destra. Alla luce dell’anamnesi e della clinica, veniva immediatamente sottoposto ad approfondimenti laboratoristici e strumentali. Nello specifico, gli esami emato-chimici evidenziavano: GR 4.720.000 mmc, Hb 12,6 g/dl, GB 5.200 mmc, N 79%, L 15%, PLT 49.000 mmc, un netto incremento degli indici di flogosi, proteina C reattiva (PCR) 22,4xN, procalcitonina (PCT) >100, una iponatriemia (Sodio pari a 128 mmol/l), incremento del Fibrinogeno, 513 mg/dl e del D-Dimero, 2409 ng/ml. Per la tumefazione palpabile in regione laterocervicale destra, eseguivamo inoltre una TC del collo (Figure 1) che evidenziava “[…] Tumefazione a carico di entrambe le logge tonsillari. A sinistra si apprezzano alcune formazioni ipodense, cercinate con dimensioni di circa 18x9 mm (Figura 1a), mentre a destra non si circoscrivono, nell'ambito di una globale tumefazione, lesioni focali. Si associa trombosi della giugulare interna di destra per un tratto di circa 8 cm a 45 mm dall'origine.
 (Fig 1b e 1c).


Si eseguiva inoltre una radiografia del torace che mostrava la presenza di “alcuni sfumati addensamenti parenchimali bilaterali, in sede apicale destra e medio-basale a sinistra […]” Figura 2

Riassumendo: ci troviamo di fronte a un ragazzo che presenta una sepsi a partenza da un processo infettivo faringotonsillitico complicato da una trombosi di circa 8 cm della vena giugulare interna destra e sospetta embolizzazione settica a livello polmonare.
Di cosa si tratta? La sindrome di Lemierre, patologia nota anche come necrobacillosi, descritta per la prima volta nel 1936 da André Lemierre, è una sindrome clinica caratterizzata da infezione faringo-tonsillare complicata da sepsi e trombosi giugulare con alto rischio di embolizzazione settica in vari distretti corporei. L’agente eziologico maggiormente implicato è il Fusobacterium necrophorum, un batterio anaerobio gram-negativo resistente a macrolidi, fluorochinolonici e tetracicline [1,2,3]. Più raramente può essere causata dal Fusobacterium nucleatum. Da un punto di vista patogenico ciò che si viene a determinare è un’invasione di tali agenti patogeni della mucosa faringea e dello spazio laterocervicale con successiva tromboflebite settica e metastatizzazione ai vari distretti corporei (nell’85% dei casi a livello polmonare) [1].
Prima della diffusione della terapia antibiotica questa sindrome era estremamente frequente e presentava un decorso fatale nell’arco di 7-15 giorni. Oggi, grazie alla diffusione della terapia antibiotica, è sempre più rara fino ad essere quasi una patologia dimenticata. È possibile riscontrarla in individui immunocompetenti e in pregressa buona salute; tuttavia, fattori di rischio sono rappresentati da immunodepressione e pregresse infezioni [1-4]. É bene sospettarla in presenza di una faringotonsillite non responsiva alle comuni terapie praticate complicata dalla presenza di algie in regione cervicale e/o lesioni settiche metastatiche. La tomografia computerizzata ci consente di confermare la presenza della trombosi, mediante evidenza di difetti di riempimenti del lume. Al fine di ottenere una gestione di successo della patologia sono cruciali una diagnosi precoce e l’avvio immediato di terapia antibiotica mirata. In assenza di ciò, si può venire a realizzare una diffusione ematogena con evoluzione verso lo shock settico fino all’exitus. Un approccio multidisciplinare è fondamentale per una ottimale gestione, che coinvolga specialisti otorinolaringoiatri, infettivologi, chirurghi vascolari e radiologi [1]. S. veniva ricoverato per la prosecuzione degli accertamenti e delle cure del caso.
Bibliografia
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Case Report V. Sinatra, L. Oreto, F. L. De Luca, L. Bruno UOSD Cardiologia Pediatrica A.O.U Policlinico Universitario “G .Martino”, Messina
Un caso di cardiopatia complessa La fenilchetunuria è una malattia autosomica recessiva causata da varie possibili mutazioni a carico del gene codificante per l’enzima fenilalanina-idrossilasi, enzima che catalizza la reazione di idrossilazione della fenilalanina in tirosina.
L’incidenza nel mondo è di 1:10.000 nati vivi, in Italia 1:2.700.
Ad oggi, l’implementazione dello screening neonatale per fenilchetonuria nella maggior parte del mondo ha portato a diagnosi che si verificano nel periodo neonatale, permettendo in questo modo un tempestivo trattamento, ed evitando conseguenze quali disabilità intellettive, psichiatriche e motorie (1).
Diversi studi hanno dimostrato come la fenilchetonuria materna sia responsabile di malformazioni fetali, tra cui le cardiopatie congenite.
In uno studio condotto da Yilzid e Sivri (2), su 11 nati da madre con fenilchetonuria non trattata (phe >20mg/dl) 3 (27%) hanno presentato una cardiopatia congenita.
Tutti e tre i neonati presentavano un ampio difetto interventricolare, e in uno di loro vi era associata anche ipoplasia dell’arco aortico e coartazione istmica.
Nei casi in cui la madre presentava una fenilchetonuria medio-moderata (phe 10-20 mg/dl) non è stata riscontrata nessuna cardiopatia, in quanto l’incidenza è bassa se i valori di fenilalanina sono <15 mg/dl. L’incidenza di cardiopatia equivale a quella della popolazione generale se i livelli di fenilalanina sono <10mg/dl (3)(4).
In altro studio condotto da Rouse (5) da 413 nati vivi da madri con fenilchetonuria 31 (7,5%) hanno presentato una cardiopatia congenita. Di questi, 23(67,7%) sono stati esposti a livelli di phe> 15mg/dl, 7 (22,6%) a livelli di phe compresi tra 10-15mg/dl, 1 al valore di 9,8mg/dl.
I difetti cardiaci presentati sono stati: Tetralogia di Fallot (n=4), coartazione aortica (n=6), dotto arterioso pervio(n=4), difetto del setto interventricolare (n=10), Difetto del setto interatriale (n=4), truncus artiosus(n=1), cuore sinistro ipoplasico (n=2)
Altri casi descritti di cardiopatia complessa associata a fenilchetonuria materna erano caratterizzati da ventricolo destro a doppia uscita e finestra aorta-polmonare (6) e da atresia polmonare con difetto interventricolare (7).
La trasposizione delle grandi arterie (TGA) è la cardiopatia cianogena congenita più comune.
Essa è una condizione caratterizzata da una concordanza atrio-ventricolare ed una discordanza ventricolo-arteriosa, in cui l’aorta nasce dal ventricolo destro e l’arteria polmonare dal ventricolo sinistro. Tale condizione senza correzione chirurgica è fatale durante il primo anno di vita, tuttavia l’aspettativa di vita dopo l'intervento chirurgico è buona (8). Tale condizione può essere diagnosticata in epoca prenatale attraverso l’ecocardiografia fetale, e ciò assume un ruolo di notevole importanza, perché in seguito al riscontro ecografico di TGA è ragionevole che la nascita del bambino avvenga in centri ove sia presente la Terapia Intensiva neonatale e la cardiochirurgia pediatrica.
Caso
Una donna di 30 anni affetta da fenilchetonuria non controllata, con valori di fenilalaninemia > 20 mg/dl, è giunta alla nostra attenzione su indicazione del ginecologo per eseguire ecocardiografia fetale di screening. Alla prima ecografia eseguita alla 25^ settimana veniva posta diagnosi di TGA, confermata ad un controllo successivo a distanza di 4 settimane. 
(VS= ventricolo sinistro, AP= Arteria polmonare, Ao= Aorta)
La gestante è stata pertanto indirizzata ad un centro cardiochirurgico di 3° livello ove è stato espletato il parto.
Alla nascita è stata confermata nel neonato la diagnosi di TGA con ampio difetto interventricolare.
A 4 giorni dalla nascita il piccolo ha presentato crisi di desaturazione e dopo valutazione cardiologica è stata eseguita procedura di atriosettostomia percutanea con pallone secondo Rashkind.
Dopo tale procedura il piccolo si è mantenuto emodinamicamente stabile e in 14^ giornata è stato eseguito l’intervento chirurgico di switch arterioso e chiusura del difetto interventricolare con patch. Il follow up ad un anno ha mostrato un buon risultato chirurgico, ed il bambino ha mostrato un accrescimento staturo-ponderale nella norma. Lo screening neonatale era negativo per malattie metaboliche.
Conclusione
In presenza di madri affette da fenilchetonuria è necessario eseguire uno screening cardiologico prenatale al fine di diagnosticare eventuali difetti congeniti, non rari in caso di fenilchetonuria non controllata; Nel nostro caso la diagnosi prenatale di TGA con difetto del setto interventricolare, forma molto meno comune della variante a setto intatto (circa il 20%), seppur non citata nei vari studi tra le cardiopatie associate a fenilchetonuria materna ci ha permesso di programmare il parto in centro cardiochirurgico specializzato al fine si prevenire le possibili complicanze che possono insorgere nella vita extrauterina.
Bibliografia
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Aggiornamento infermieristico Giuseppe Pagano, Letteria Rossano UOC di Pronto Soccorso Pediatrico con OBI, Policlinico Universitario di Messina
Lavaggi nasali nel neonato e nel bambino Utili per fluidificare le secrezioni in eccesso all'interno delle cavità nasali, facilitandone la rimozione, i lavaggi nasali consistono nell'introduzione nelle narici di una soluzione salina.
Sono particolarmente utili nell'igiene quotidiana dei neonati e dei bambini molto piccoli poiché questi non sono ancora capaci di soffiarsi il naso.
Le prime vie aeree dell'apparato respiratorio svolgono comunemente un'azione di difesa attraverso le ciglia che sono in grado di eliminare le secrezioni normalmente prodotte dal nostro organismo.
Quando si innesca una patologia da raffreddamento, virale o batterica che sia, questa capacità di movimento e di pulizia delle ciglia è sensibilmente rallentata. I lavaggi nasali, nelle loro varie modalità di esecuzioni, possono contribuire a ripristinare il normale funzionamento, migliorando la respirazione del piccolo.
Nel bambino sotto l'anno di età, sono indicate delle instillazioni, ovvero dei piccoli lavaggi con soluzione fisiologica (0.9% di cloruro di sodio). Nei bambini più grandi i lavaggi nasali possono essere eseguiti con soluzioni saline ipertoniche (3 % di cloruro di sodio). Nei casi più resistenti, per effettuare un lavaggio più profondo, si possono anche utilizzare aerosol, spray senza propellente e docce nasali da applicare all'aerosol.
Quando e come esegire i lavaggi nasali
L'esecuzione dei lavaggi nasali sia nel neonato che nel bambino, è consigliata prima delle poppate e prima della messa a letto.
Nei neonati in particolare è utilissimo eseguire il lavaggio nasale prima dell'allattamento visto che durante le poppate il bambino respira esclusivamente con il naso. Inoltre, l'esecuzione del lavaggio nasale prima di andare a dormire aiuta a migliorare la qualità del sonno, consentendo al bambino di respirare meglio.
Nel neonato il metodo più pratico, semplice ed economico è quello di utilizzare una siringa senza ago (da 2,5ml o 5ml) da riempire con la soluzione salina. Il neonato (e i bambini con meno di un anno e mezzo) va messo in posizione supina sul letto o sul fasciatoio girando la testa su un lato, va quindi inserita l'estremità della siringa nella narice più in alto orientando la siringa verso l'orecchio dello stesso lato della narice sulla quale si sta intervenendo.
L'introduzione della soluzione salina deve essere decisa e continua; una volta terminato il liquido all'interno della siringa si procede ad asciugare il naso con un fazzoletto o una salvietta e si ripetere l'operazione sull'altra narice aspettando che il bambino si sia tranquillizzato.
Per i bambini più grandi si può procedere allo stesso modo dei neonati o, in alternativa, tenendoli in braccio e mettendoli frontalmente al lavandino. Versare quindi la soluzione salina nella narice più in alto in modo che il liquido fuoriesca all'interno del lavandino.
Consigli per un lavaggio nasale efficace
1. Quante volte eseguire il lavaggio nasale
Il lavaggio nasale va effettuato ogni qualvolta le secrezioni mucose determinino significativa ostruzione nasale tale da determinare difficoltà nell'alimentazione, disturbi del sonno e/o tosse persistente.
2. La posizione del neonato e del bambino
Per una corretta esecuzione del lavaggio nasale è fondamentale che il neonato e il bambino stiano fermi, con la testa reclinata di lato e non piegata all'indietro. Nei neonati può essere utile avvolgerli in un lenzuolino in modo da limitarne i movimenti, iniettando la soluzione nelle narici con rapidità anche per evitare che i movimenti bruschi e improvvisi del bambino possano creare problemi.
3. Il tipo di soluzione
Per quel che riguarda le soluzioni da utilizzare durante i lavaggi esistono sia quelle isotoniche (con una concentrazione di sale inferiore all'1%) che quelle ipertoniche (con una concentrazione di sale intorno al 3%). Le prime sono quelle dette fisiologiche e le più utilizzate per i neonati, mentre quelle ipertoniche possono essere utili nei bambini che hanno un muco più denso.È sicuramente fondamentale utilizzare soluzioni sterili, evitando l'acqua del rubinetto o qualsiasi altro liquido.
5. La temperatura della soluzione
L'indicazione è che sia a temperatura ambiente, quindi non troppo calda e non troppo fredda.
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